di Emanuela Medoro
Riporto il titolo principale della edizione del 27 ottobre del New York Times on-line: Parte della coalizione di Obama scivola verso il GOP. I Repubblicani hanno prosciugato il vantaggio che i Democratici hanno avuto nelle recenti competizioni elettorali fra donne, cattolici, Americani meno ricchi ed indipendenti.
Mettiamo ora a confronto questi dati con l’ultima lettera del Presidente Obama diffusa sul web fra i suoi sostenitori. A proposito del cambiamento duraturo che egli vuole per un’America migliore sostiene che questo non può aver luogo rapidamente, come lui ed i suoi sostenitori vorrebbero. Però, a causa delle sue battaglie di questi primi due anni di presidenza, accade che la donna non debba più scegliere fra il tenersi la casa e curarsi un cancro, che i genitori possano pensare serenamente al futuro dei figli con la sicurezza di mandarli all'’università, che piccole imprese seguitino a funzionare, e che tanti lavoratori abbiano mantenuto il loro posto di lavoro, in particolare vigili del fuoco, poliziotti, medici e paramedici. Infine, ma importantissimo, 100.000 uomini e donne sono tornati dell’Iraq.
Mettendo insieme i dati riportati dal New York Times e quelli della lettera/comunicato del Presidente sorgono spontanee alcune riflessioni.
Che cosa è che ha provocato lo spostamento di preferenze? Chi si è spostato? A parte le affermazioni del Presidente riguardo alle cifre stellari spese dalle grosse corporazioni e dalle lobbies di Washington per ostacolare il suo percorso verso una democrazia migliore, peraltro compensate, del tutto o in parte, dalle donazioni dei Democratici continuamente sollecitate, mi pare che le parole donne, cattolici ed indipendenti, usate dal New York Times suggeriscano chiaramente l’ esistenza e l’efficacia della paura per un pericolo.
Seminare paure è il sistema più semplice per raccogliere voti in gran quantità, condividerle crea una identità culturale dai connotati politici certi. Oggi la paura della presenza e/o prevalenza dell’ Islam con i suoi rituali di veli neri e lapidazioni di adultere stringe la gente intorno a quelli che, secondo le campagne elettorali, meglio difendono la propria cultura e la propria identità etnica. E mai come nel caso della presidenza Obama, uomo di colore e con un periodo dell’infanzia trascorso in Asia a contatto con culture e religioni islamiche, quella paura spinge a rifugiarsi nel grembo sicuro del GOP. Strano il passaggio dei meno ricchi, si può forse ritenere che siano quelli con titoli di studio meno elevati, ricordo infatti che durante la campagna per la presidenziali alcuni sondaggi davano ad Obama una maggiore popolarità fra gli Americani con i più alti titoli di studio. E questo è facilmente comprensibile, se si tiene conto dei suoi titoli accademici, e che è stato il primo uomo di colore a dirigere la rivista interna di giurisprudenza dell’università di Harvard. Insomma l’attuale presidente rappresenta meglio una minoranza di intellettuali, studiosi ed anche sognatori che può apprezzarlo, rappresenta meno bene quella massa di americani che vede la realizzazione dei propri sogni solo nel portafoglio, e che fermamente paventa cambiamenti troppo radicali dell’assetto sociale che possano in qualche modo diminuire i loro profitti annuali.
La battaglia fra il Duca di Nottingham e Robin Hood continua con alterne vicende. Si vota per un ideale, dice spesso il Presidente Obama. Questa affermazione è troppo difficile per larga parte dell’elettorato americano. Signor Presidente, per risalire nel gradimento degli Americani ci vorrà una buona dose di furbizia alla Bill Clinton.
emedoro@gmail.com
28 ottobre 2010
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