di Carlo Di Stanislao
Le parafarmacie sono una autentica novità nel mercato della distribuzione, istituite da noi nel 2006. Si tratta di punti vendita dove è possibile acquistare prodotti farmaceutici da banco, per l’igiene personale, per la cosmesi e di erboristeria senza essere vere e proprie farmacie. 'Il 'no' del Senato alle parafarmacie, espresso ieri dalla XII Commissione Sanita', con la decisione di utilizzare del DDL 863 Gasparri/Tomassini, come testo base per il riordino del sistema farmaceutico, ''e' sta definita dalla’on. Scilipodi dell’IDV “una scelta gravissima, perche' va contro le indicazioni dell'anti-trust e le posizioni di tutte le associazioni di categoria dei consumatori e dei rappresentanti le Parafarmacie''. Nel corso dell'incontro, a Palazzo Marini, con il Direttivo nazionale delle Parafarmacie, l’esponente politico ha dichiarato:'' In questo modo si annullerebbero tutti quegli effetti positivi della liberalizzazione di alcuni farmaci voluti dalla Legge Bersani, che ha permesso, a esercizi diversi dalle farmacie convenzionate, di vendere farmaci senza l'obbligo di prescrizione medica, creando una sana concorrenza di mercato e scalfendo, seppur minimamente, il monopolio da sempre detenuto dalle farmacie, costrette, per questa ragione, a ridurre il prezzo di alcuni farmaci. A difesa delle Parafarmacie, esprimo, inoltre, il mio rammarico per la risposta negativa avuta dalla segreteria del Presidente Sen. Tomassini, relativa ad una richiesta di audizione di alcuni rappresentanti di categoria”. Una ricerca di Dica33 di pochi mesi fa, dimostra che la liberalizzazione dei canali di vendita che consente il commercio di farmaci da banco, detti anche di automedicazione, al di fuori della farmacia, vale a dire nei supermercati e nelle parafarmacie, è riuscito a centrare il bersaglio più importante, quello di far risparmiare gli italiani. Questa almeno è la stima che arriva da Altroconsumo: attraverso un'indagine condotta in 10 città (Bari, Bologna, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino, Verona), dove l'associazione ha messo a confronto i prezzi di una settantina di medicinali Sop (senza obbligo di prescrizione) in 144 punti vendita, tra i quali 111 farmacie, 17 parafarmacie e 16 ipermercati. I dati raccolti hanno dimostrato che l'arrivo della concorrenza nel comparto ha avuto effetti positivi sui portafogli dei consumatori: dal 2006 (l'anno in cui entrò in vigore la legge che allargò la vendita dei medicinali da banco a canali diversi dalla farmacie) a oggi i prezzi dei farmaci messi sotto la lente da Altroconsumo sono aumentati al massimo del 3,4%; tra il 2000 e il 2005, invece, gli incrementi furono anche del 19%. Quello della farmacia rimane il canale più caro (nelle parafarmacie i prezzi sono in media più bassi del 3%, negli iper del 18%) ma si possono comunque trovare differenze eclatanti anche tra singoli punti vendita: tra le farmacie sono state registrate differenze su uno stesso prodotto anche del 57%, tra le parafarmacie del 37% e tra gli ipermercati del 33%. Tuttavia, secondo Altroconsumo non sempre il cittadino è messo nelle condizioni migliori per scegliere. Dal gennaio 2008, infatti, sui farmaci senza ricetta non vige più il meccanismo dello sconto percentuale sul prezzo unico di vendita, che consentiva al consumatore di confrontare le offerte in modo semplice e veloce: oggi invece farmacie, parafarmacie e ipermercati fissano direttamente il prezzo di vendita, che dovrebbe essere riportato su un listino liberamente consultabile. È la legge a prevederlo, ma soltanto il 42% dei punti vendita visitati da Altroconsumo dispone effettivamente di un elenco aggiornato e solo il 28% lo mette a disposizione dei clienti. Mancanze a parte, i dati che emergono dalla ricerca sembrano dimostrare che almeno in tema di farmaci la liberalizzazione ha funzionato. Di qui la richiesta dell'associazione di un ulteriore passo avanti nello sviluppo della concorrenza attraverso la "deregulation" dei farmaci di fascia C, quelli cioè con obbligo di ricetta e a carico del paziente. “Se questi medicinali potessero essere venduti anche nelle parafarmacie e negli ipermercati alla presenza di un farmacista” è la riflessione di Altroconsumo “le farmacie sarebbero costrette a combattere la concorrenza abbassando i prezzi”. Il 25 ottobre scorsco, su La Stampa, Sara Settembrino ci informa che le quasi quattromila parafarmacie aperte in Italia dopo la liberalizzazione fatta dal decreto Bersani nel 2006, hanno dato lavoro a 7.500 persone e fatto risparmiare agli italiani circa 600 milioni di euro. Questi i dati emersi al convegno promosso dal Pd del Piemonte, avvenuto a Torino il 23 ottobre, in cui mondo politico e rappresentanti di categoria si sono confrontati sulla riforma del settore per la quale ad oggi esistono in parlamento dieci proposte di legge. La differenza al consumatore rischia di non essere ben chiara: le parafarmacie, presenti anche nei supermercati, non sono negozi di cosmetici, ma neanche vere e proprie farmacie. Dietro il bancone c’è un farmacista ma può vendere solo i farmaci da banco, cioè quelli per cui non serve la ricetta. Inoltre, sempre al convegno di Torino, si è chiarito che, nel 2009, sono state proprio le parafarmacie ad aver incrementato i listini, più 5%, mentre le farmacie sono ferme a un più 2,7%. In media la grande distribuzione garantisce quasi il 18% di risparmio rispetto alla farmacia sotto casa. Merito della concorrenza, quindi, se, negli ultimi cinque anni, i prezzi dei prodotti sono aumentati “solo” del 3,4% contro il +19% tra il 2000 e il 2005. Cinque giorni fa, l’Associazione dei Consumatori, al fine di potersi garantire sui farmaci e sui medicinali un “risparmio fai da te”, ha pubblicato online sul proprio sito Internet una banca dati utile per mettersi alla ricerca del farmaco meno caro. Altroconsumo sul tema ha infatti rilevato come per i farmaci la liberalizzazione abbia funzionato, e come il risparmio ottenibile sia elevato semplicemente facendo attenzione ai prezzi praticati da una farmacia rispetto ad un’altra. Se infatti presso una farmacia una confezione di aspirina viene venduta ad un determinato prezzo, magari in quella a cento metri di distanza è possibile comprare la stessa confezione ad un prezzo più basso. Lo stesso dicasi anche per prodotti come pillole e sciroppi ragion per cui a fine anno, specie se il consumo dello stesso farmaco avviene ripetutamente nel tempo, il risparmio ottenuto sarà di certo non trascurabile. Tutto ciò accade e sta accadendo grazie alla concorrenza cui oramai, rispetto al passato, debbono far fronte le farmacie, per quel che riguarda i cosiddetti farmaci da banco, con gli ipermercati e le parafarmacie. Altroconsumo, in base ad un’inchiesta effettuata nei mesi scorsi, ha non a caso rilevato come gli acquisti di farmaci presso la grande distribuzione permettano un risparmio medio del 17,6%, ma anche presso le parafarmacie il risparmio è elevato e pari in media al 15,4% sempre rispetto alla farmacia. Si ricorderà anche che, lo scorso mese di giugno, i senatori di maggioranza Filippo Piccone e Paolo Tancredi, entrambi abruzzesi, presentarono l’emendamento n.11.0.1 alla manovra finanziaria in discussione alla commissione Bilancio del Senato, per la trasformazione delle Parafarmacie in Farmacie, con incasso di un miliardo di euro circa, che potevano poi essere messi a disposizione dell’area del cratere. Ora, dopo 4 anni di vita, le Parafarmacie, secondo il governo, che ci aveva già provato nel 2008, debbono sparire, con scomparsa di 2.500 punti vendita in cui è possibile acquistare i cosiddetti "farmaci da banco", e di lavoro per circa 5.000 farmacisti italiani che, non disponendo dei 2-3 milioni di euro che ci vogliono, in media, per acquistare una farmacia, hanno così potuto aprire un' attività in proprio, con effetti tangibili per gli italiani. Ora, con la legge Gasbarri-Tomassini, di fatto si aprirebbe a tutti gli esercizi commerciali la possibilità di vendere confezioni starter dei farmaci da banco, al cui interno sarebbero presenti dalle due alle quattro compresse del prodotto. Un progetto che toglierebbe dunque l' obbligo della presenza del farmacista, mettendo come unica condizione per la vendita dei farmaci da banco l' esistenza di un reparto dedicato. Per il Presidente dell' Associazione Nazionale Parafarmacie Italiane (Anpi), Pietro Marino, una simile decisione “metterebbe a repentaglio la salute dei cittadini, visti i rischi associati agli abusi di farmaci”. La Federfarma, per bocca della sua presidentessa, Annarosa Racca, è più possibilista: “Qualsiasi soluzione che abbia al centro la salute del cittadino è benvenuta. La legge va esaminata con cautela, ma potrebbe trattarsi di un' opportunità in più”. a cauta apertura di Federfarma è, però, criticata dall' Anpi che sottolinea come l' apertura alla concorrenza dovrebbe riguardare l' intero mercato dei farmaci e non solo quei prodotti che sono venduti nelle parafarmacie. Una possibilità che era presente all' interno di due disegni di legge distinti presentati dai parlamentari dell' opposizione Lannutti e Zamparutti e che prevedevano, sostanzialmente, la trasformazione delle parafarmacie in farmacie non convenzionate col sistema sanitario nazionale. Queste iniziative sono, però, ferme in Parlamento, mentre sul ddl di Gasparri e Tomassini, presentato solo l' 1 luglio 2008, sembra esserci stata ora un' accelerazione della maggioranza. I rischi maggiori sono soprattutto per le piccole parafarmacie di vicinato che costituiscono oltre l' 80% delle parafarmacie d' Italia.
“Le Coop reggeranno – ha dichiarato il rappresentate dell’associazione delle parafarmaciei Pietro Marino - mentre noi, che abbiamo investito fino a 200.000 euro per aprire questi esercizi, rischiamo di restare tagliati fuori sia dal mercato dei farmaci da banco, sia da quello dei farmaci con prescrizione”.
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